E' stata per anni l'ammazzavampiri Buffy in una serie
televisiva americana di grande successo. Ora Sarah
Michelle Gellar è passata ad occuparsi di spiriti
giapponesi nel film The grudge del regista
giapponese Takashi Shimizu, campione di incassi in Usa
prodotto da Sam Raimi.
L'attrice americana è al Torino film festival per
promuovere il film che sarà nei cinema il 5 gennaio
distribuito da 01 Distribution.
Karen (Sarah Gellar) è una ragazza americana che
studia a Tokyo per diventare assistente sociale. In
una casa dove vive un'anziana signora ammalata Karen
si ritrova attaccata da misteriosi spiriti, un bambino
che la fissa, una donna che si trascina sanguinante.
Che cosa è successo in quella casa? Cosa si può fare
per interrompere il ciclo di morte?
L'intervistaCom'è stato
girare in Giappone rispetto ai set americani?
Ci sono veramente molte differenze. Per esempio in
America arrivi quando c'è la tua scena e poi te ne
vai, mentre in Giappone stai sul set tutto il giorno
aspettando il tuo momento. Devi toglierti le scarpe
quando sei sul set ed è così strano vedere tutti
questi tecnici in calzini, che sembrano guantini per
le dita dei piedi. In Giappone sono un po' più rigidi
non permettono che si mangi sul set, ma sono stata
molto bene là, ho amato girare il film a Tokyo.
La lingua principale era il giapponese, come
comunicavate?
Non è necessario parlare la stessa lingua per
comunicare. A gesti o con le espressioni del volto
siamo riusciti a farci capire. In America, dal punto
di vista linguistico, siamo molto isolati rispetto al
resto del mondo perché cambiando Stato trovi sempre
persone che parlano inglese e lo dai per scontato.
Quando capita invece di essere in un posto come il
Giappone dove non c'è nulla di familiare realizzi che
puoi stringere contatti più forti perché devi
prestare maggiore attenzione alle persone che ti
stanno attorno. Una sera abbiamo fatto una cena
meravigliosa con i giapponesi senza i traduttori,
certo non ci siamo detti molto ma con loro si è
creata un'amicizia veramente speciale.
Non ti sei mai sentita come la protagonista del
film di Sofia Coppola, 'Lost in translation'?
Sofia Coppola ha fatto un bellissimo lavoro. Capisco
tutte le emozioni raccontate nel film ma non le ho
provate. Non mi sono mai sentita sola, né così
diversa, ma capisco che se non abbracci velocemente
quella città, dicendo voglio farne parte, è un luogo
che ti può far sentire molto solo. C'è da dire poi
che io amo il sushi, amo il cinema orientale e ho
studiato molto la loro cultura per non andare
semplicemente lì ma per far parte di qualche cosa di
culturalmente più specifica.
Conoscevi il film originale?
Ho fatto l'errore di vederlo da sola di notte, ma a me
piace molto essere spaventata. I film horror americani
rispetto a quelli giapponesi sono meno emotivi,
lasciano meno libera l'immaginazione, pensate soltanto
che questo film, soprattutto nella versione originale
giapponese, parla di violenza domestica sui bambini.
Ti aspettavi il grande successo di questo film?
Se qualcuno mi avesse detto sei mesi fa che il film
avrebbe incassato 100 milioni di dollari in 27 giorni
o 40 milioni di dollari il giorno d'uscita mi sarei
messa a ridere. Credo che ciò che abbia fatto avere
tanto successo al film sia la combinazione tra una
buona storia, buoni attori, un buon regista. Io amo
questi personaggi, donne forte che prendono parte
all'azione.
Tu hai iniziato da ragazzina a recitare. Come è
stata la tua crescita lavorando per il cinema?
Non si può mai dire se gli attori bambini potranno
funzionare come attori da adulti, nel mio caso è
perchè io veramente amo il mio lavoro, è sempre
stata una mia scelta, i miei genitori non mi hanno mai
spinta. Mia madre mi ha sempre considerata una persona
prima che un'attrice e mi diceva in continuazione,
"la scuola viene prima". Inoltre io ho
vissuto a New York e penso che sia molto meglio che
crescere a Los Angeles dove non c'è nient'altro che
cinema. New York è la capitale finanziaria, capitale
della moda, dell'arte, della letteratura. Sono stata
grata di non essere stata una bambina attrice a Los
Angeles.
A proposito di capitali della moda. Domani sarai
a Milano, è previsto anche un po' di shopping? Quali
sono i tuoi stilisti preferiti?
Ero disperata perché mi avevano detto che la domenica
tutti i negozi sono chiusi e io sarei stata lì nella
capitale del mondo della moda con i negozi chiusi, ma
per fortuna siamo vicini a Natale quindi troverò
qualche boutique aperta.
Io amo i vestiti, come faccio a dire quelli che mi
piacciono di più? Allora, gli stilisti italiani mi
piacciono quasi tutti però se devo fare dei nomi:
Gucci, Prada, Cavalli. In realtà vado d'accordo con
tutti.